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"Giacometti" è un libro edito nel 2018 da Polyorama con testo critico di Giovanna Gammarota.
96 pagine, 56 fotografie in bianco e nero.
"Entrato in un piccolo cimitero di montagna per esaminare i muri rovinati, alla ricerca di suggestioni che inseguivo da tempo, lo sguardo è caduto su una tomba dove mani ignote avevano depositato tanti sassolini. Sulla lapide il nome: Alberto Giacometti.
Ero a Borgonovo, nel mio peregrinare non mi ero accorto di sfiorare il luogo dove era nato e sepolto uno dei più grandi artisti del Novecento; i sassolini erano il rispettoso e semplice omaggio di tanti visitatori. Sassi su una tomba, e per di più di uno scultore.
Che strano effetto produceva quel gesto tradizionale in un luogo dove tutto è pietra, modellata dall'uomo o dalla natura: i ponti, il greto del fiume, le rive, le case, gli enormi massi nel bosco. Pietra ovunque, quasi in lotta con la vegetazione per la conquista dello spazio vitale.
Nel cinquantesimo della morte eccomi di nuovo nei luoghi della giovinezza di Giacometti, dove - già famoso - tornava comunque spesso.
Ho camminato lentamente fra quelle poche case, concedendomi un ampio ventaglio di possibilità. Ero curioso di cogliere accadimenti visuali, tracce che potessero ricordare il carattere e le opere dell'artista; elementi su cui potesse aver posato lo sguardo, traendone - chissà - ispirazione; forme naturali che avessero misteriosamente subito l'influsso di una presenza così geniale, come se il suo sentire aleggiasse lì da allora.
Nel silenzio sono emerse esili presenze, tagli geometrici, materia lavorata, sovrapposizioni di segni: rimandi espliciti o velate allusioni. Un gioco di sponde, la sensazione di cogliere qualche frammento di una misteriosa alchimia, di tensioni converse - un tempo lontano - in un eccezionale percorso creativo.
In quella valle, dove la severa bellezza del paesaggio montano e il rigore nord alpino incontrano la dolcezza del sud, dove Giacometti osservava a lungo i più piccoli e per altri irrilevanti dettagli, qualcosa trapela ma subito scompare, ci ricorda stagioni di vita e di arte ormai passate e opere che invece rimarranno".
Giuseppe Pagano